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Scuola, compiti e autonomia.

Quando la scuola diventa una vetrina per i genitori e una prova di forza per i ragazzi.


Non so cosa ne pensi tu, ma a me pare che alla scuola di oggi sia stata tolta la sua funzione primaria: quella di diffondere cultura e sviluppare il senso critico. Sempre di più viene caricata invece di un valore simbolico: la scuola come misura della riuscita nel mondo.

Un tempo il maestro era il punto di riferimento del paese. Conosceva le famiglie, ne condivideva la vita, sapeva in quale contesto era inserito ciascun ragazzo. Vita e scuola erano intrecciate, non c’era separazione. Oggi questo legame si è allentato: le classi sono troppo numerose, il tempo e le energie dei docenti limitati. Ne nasce uno scollamento che lascia i ragazzi in un terreno sospeso.

Eppure la scuola rimane per loro una palestra di vita. Non solo un luogo dove imparare nozioni, ma un contesto in cui sperimentare relazioni, fallimenti, tentativi, prime responsabilità.


Ragazzo in classe, simbolo di autonomia e crescita.
ragazzi in classe luogo di crescita personale


Indice dei contenuti


1. Riappropriarci del senso della scuola

Per restituire alla scuola la sua funzione primaria dobbiamo compiere uno sforzo collettivo: ricordarci che non è (solo) il voto a fare la differenza, ma l’esperienza di apprendimento.

Imparare a leggere un testo, a discutere un’idea, a confrontarsi con prospettive diverse significa gettare le basi di una società più libera e consapevole.

Il sapere non è mai neutro: è il terreno su cui i nostri figli costruiscono la loro identità e il loro modo di stare nel mondo. Se riduciamo la scuola a un trampolino di lancio per il lavoro, perdiamo di vista l’aspetto più prezioso: la formazione di cittadini capaci di pensiero critico.


2. Pressione e motivazione: quando le aspettative bloccano

Molti ragazzi mi raccontano di percepire che, più dei loro interessi o della loro serenità, conti il risultato. Come se la loro persona valesse meno della pagella che portano a casa.

La psicologia ci mostra che quando un compito viene vissuto sotto la lente del giudizio e della paura, la prestazione peggiora. È il famoso effetto dell’ansia da prestazione”: il cervello è così occupato a temere l’errore da non riuscire a esprimere al meglio le proprie capacità.

Esiste anche un fenomeno chiamato effetto Pigmalione: quando un insegnante o un genitore nutre aspettative troppo alte o troppo basse, queste finiscono per influenzare i risultati del ragazzo. Non perché “predicano il futuro”, ma perché creano un clima di pressione che condiziona la motivazione e la percezione di sé.


3. Una scena quotidiana: fiducia o paura?

Provo a raccontarti una scena che tante mamme e papà conoscono bene.

È sera, tuo figlio è alla scrivania. Da mezz’ora fissa il quaderno senza riuscire a iniziare. Tu sei stanca, ma decidi di sederti accanto a lui: “Dai, cominciamo insieme”. All’inizio ti sembra un gesto d’amore, un modo per aiutarlo a rompere il ghiaccio. Dopo dieci minuti, però, ti accorgi che stai scrivendo tu al posto suo, che stai correggendo le frasi, che stai scegliendo tu l’impostazione del compito.

Quando finalmente il compito è finito, lui si alza con un sospiro di sollievo. Tu resti con un dubbio: chi ha fatto davvero i compiti, lui o io?

Ecco la differenza tra fiducia e paura. Se intervengo per aiutarlo a trovare la sua strada, sto trasmettendo fiducia. Se invece mi sostituisco a lui perché temo che da solo non sia capace, sto agendo spinta dalla paura.


4. La scuola come vetrina dei genitori

Negli ultimi decenni la scuola è diventata anche la “vetrina” attraverso cui veniamo giudicati come genitori. Un figlio che va bene a scuola è percepito come il riflesso di una famiglia “a posto”, mentre un’insufficienza sembra raccontare qualcosa di noi.

In questo scenario non stupisce che spesso ci sostituiamo a loro, magari riscrivendo un tema, controllando ossessivamente i compiti, anticipando ogni difficoltà. Lo facciamo convinti di aiutarli, ma il messaggio implicito è: “da solo non ce la fai, ho bisogno di intervenire io”.


5. Successo scolastico e felicità: due strade diverse

Vale la pena ricordarlo con forza: l’andamento scolastico alle medie o alle superiori non è un predittore della felicità di una persona.

Certo, lo studio è importante, ma non è l’unico fattore che determina la riuscita nella vita. Molti adulti sereni e realizzati non sono stati studenti brillanti, mentre tanti ragazzi con voti eccellenti si sono trovati in difficoltà nel gestire le sfide emotive e relazionali dell’età adulta.

Quello che conta davvero è coltivare fiducia in sé stessi, capacità di resilienza, spirito critico e relazioni sane.


Ti invito allora a prenderti qualche minuto per scrivere:

  • Qual è stata l’ultima volta in cui ho aiutato mio figlio nei compiti?

  • Quale spinta c’era sotto il mio intervento: la fiducia o la paura?

  • Se fosse stato solo per lui, come avrebbe affrontato quella situazione?

Non servono risposte perfette, solo osservazioni sincere. Perché è lì che nasce la consapevolezza.


6. Fonti e approfondimenti


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👉 Bowlby, J. (1989). Una base sicura. Applicazioni cliniche della teoria dell’attaccamento. Milano: Raffaello Cortina Editore.

👉 Siegel, D. J., & Hartzell, M. (2014). Intelligenza emotiva per un figlio. Milano: Raffaello Cortina Editore.

👉 Gopnik, A. (2018). Il giardiniere e il falegname. Milano: Feltrinelli.

👉 Erikson, E. H. (1993). Identità e ciclo di vita. Roma: Armando Editore.

👉 American Psychological Association (2023). Projection. Disponibile su: https://www.apa.org/topics/personality/projection


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