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Se le punizioni non funzionano, cosa funziona davvero?

Una guida pratica all'arte di riparare


È una delle domande che mi arrivano più spesso dai genitori. E non è un caso: questa domanda fotografa bene la nostra cultura educativa. In Italia, come in gran parte del mondo occidentale, siamo cresciuti in un contesto in cui “stare sulla retta via” significava obbedire per paura: paura della punizione, della vergogna, del senso di colpa. È comprensibile, quindi, che ci sembri quasi impossibile immaginare un modo diverso di educare. “Si è sempre fatto così”, no?

Eppure basta guardare all’etimologia per accorgerci di qualcosa che spesso dimentichiamo. Educare viene dal latino educere, “tirare fuori”. Non c’è niente che rimandi a castighi o coercizione. Educare significa accompagnare un figlio a far emergere le sue risorse, favorire un processo di crescita, quasi una fioritura.

Lo so cosa stai pensando: “Ok, tutto bello e poetico, ma se non punisco mio figlio, allora regna l’anarchia?”. No, non è questo il punto. Perché prima ancora delle punizioni dobbiamo parlare di regole.


La metafora del seme: cosa succede quando non vediamo nulla
Insegnare a riparare è più importante di punire

Regole: tre requisiti fondamentali

Le regole sono fondamentali e perché abbiano senso devono rispettare tre criteri:

1. Chiarezza. A volte i figli non rispettano una regola semplicemente perché non l’hanno capita davvero. Magari l’abbiamo data per scontata, o spiegata a metà. Una regola funziona solo se è dichiarata, spiegata, e se ci assicuriamo che sia stata compresa.

2. Negoziazione. Se un figlio non rispetta un accordo, arrabbiarsi e urlare serve a poco. Meglio stabilire prima quali saranno le conseguenze e come si potrà rimediare. Così evitiamo minacce irrealistiche (tipo “ti tolgo il telefono per quattro mesi”) che non fanno altro che minare la credibilità dell’adulto.

3. Riparazione equa. Le conseguenze devono avere un nesso con la regola violata (rilevanti), essere proporzionate (eque) e soprattutto attuabili (sostenibili). Se dimentica di sistemare la cucina, la riparazione potrebbe essere “fare un lavoro in più la volta successiva”. In questo modo non togliamo, ma aggiungiamo: insegniamo che gli errori possono essere riparati con azioni concrete e coerenti.


Punizione o riparazione?

Punire significa togliere: tempo, libertà, fiducia. Riparare significa aggiungere: responsabilità, consapevolezza, esperienza. È un cambio di prospettiva importante.

Un esempio:

  • Punizione → “Non hai sistemato la cucina? Ti tolgo il cellulare”.

  • Riparazione → “Non hai sistemato la cucina? La prossima volta farai anche il pavimento”.

Nel primo caso il messaggio è: “Sei sbagliato, quindi ti tolgo qualcosa”. Nel secondo: “Puoi rimediare, e imparare a prenderti le tue responsabilità”.


Cosa non fare mai!

Ci sono ambiti che non devono mai diventare terreno di ricatto: sport, amicizie, cibo, sonno. Perché? Perché sono bisogni fondamentali.

  • L’amicizia, in preadolescenza, è il terreno su cui si costruisce l’identità.

  • Lo sport è un canale vitale per scaricare tensioni e ritrovare equilibrio.

  • Cibo e sonno sono basi di salute, non monete di scambio.

Privare un ragazzo di questi spazi significa togliergli proprio ciò che lo aiuta ad affrontare la vita, anche le difficoltà familiari.


Il vero superpotere: la comunicazione

Puoi avere regole perfette e conseguenze ben studiate, ma se la tua comunicazione si riduce a urla e umiliazioni, non funzionerà. Educare non è questione di controllo, ma di relazione, e la relazione passa dalla qualità delle parole che scegli.

Imparare a comunicare con fermezza, rispetto e autenticità non è un optional: è un dovere dell’adulto. Perché senza comunicazione, nessuna regola, nessuna riparazione, nessun rimedio avrà davvero efficacia.

Educare non è far paura.

Educare è accompagnare.

Non si tratta di lasciare che tutto sia permesso, ma di costruire insieme un equilibrio fatto di regole chiare, conseguenze proporzionate, e comunicazione che non ferisce.


È un lavoro impegnativo, certo. Ma è anche il dono più grande che possiamo fare ai nostri figli: insegnare loro che crescere non significa temere la punizione, ma imparare la responsabilità.


Vuoi approfondire? Ho dedicato una puntata del podcast Adolescenza Consapevole proprio all’importanza delle regole in preadolescenza: ascolta qui l’episodio 11

E se senti che la comunicazione è il tuo tallone d’Achille, nel percorso Talea troverai esercizi e riflessioni pratiche per trasformarla nel tuo vero superpotere.


6. Fonti e approfondimenti

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👉 Deci, E. L., & Ryan, R. M. (2000). Self-Determination Theory and the facilitation of intrinsic motivation, social development, and well-being. American Psychologist.

👉 Gershoff, E. T., & Grogan-Kaylor, A. (2016). Spanking and child outcomes: Old controversies and new meta-analyses. Journal of Family Psychology.

👉 Siegel, D. J., & Bryson, T. P. (2012). La mente del bambino. Come favorire lo sviluppo del cervello in crescita. Raffaello Cortina.

👉 Juul, J. (2008). Il bambino è competente. Feltrinelli.

👉 Rosenberg, M. B. (2015). Le parole sono finestre (oppure muri). Introduzione alla comunicazione nonviolenta. Esserci Edizioni.


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