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Dispositivi sì o dispositivi no?

Perché vietare smartphone e social agli adolescenti è controproducente secondo Matteo Lancini


Oggi voglio condividervi una conversazione che ho atteso a lungo, e lo ammetto quando è stato il momento un po’ di emozione c’era. Davanti a me Matteo Lancini, psicologo, psicoterapeuta, presidente della Fondazione Minotauro di Milano e autore di numerosi libri. Il suo ultimo lavoro, Chiamami adulto, è già sulla mia scrivania, pieno di sottolineature e post-it. È un libro che spinge a guardare gli adolescenti di oggi senza filtri nostalgici, con lo sguardo aperto alle sfide del presente.

Nella nostra chiacchierata abbiamo toccato alcuni temi che, nel mio lavoro con genitori di preadolescenti e adolescenti, emergono spesso: il bisogno di privacy, i primi innamoramenti, il ruolo dei genitori nei legami affettivi, e soprattutto il rapporto con i dispositivi elettronici.


Dispositivi si o dispositivi no?
dispositivi sì o dispositivi no?


Indice dei contenuti


1. Realtà e virtuale sono ormai intrecciate: perché i divieti non hanno più senso

Il dibattito è acceso: vietare o no l’uso dei social network e degli smartphone ai minori? Negli ultimi mesi si è parlato di proposte di legge che fisserebbero limiti di età per l’accesso alle piattaforme, con petizioni firmate da esperti e genitori favorevoli a un divieto fino ai 16 anni.

Ma Matteo Lancini non è d’accordo. La sua visione è radicalmente diversa — e forse per questo colpisce così tanto.

In un’epoca nella quale la distinzione tra vita reale e vita digitale si è completamente dissolta, il professore ci invita a guardare oltre quella che definisce una visione ormai obsoleta:

"Viviamo in una società ‘Onlife’ in cui realtà e virtuale si alimentano a vicenda. Continuare a pensare che vietando gli smartphone si protegga chi cresce significa ignorare che ormai esiste un’unica dimensione in cui i giovani vivono e si formano. Il divieto, quindi, non solo stonerebbe con questa consapevolezza, ma rischia di isolare chi invece ha bisogno di muoversi consapevolmente in un ambiente digitale che è parte integrante della loro quotidianità."

2. L’educazione digitale come risposta, non il controllo a ogni costo

Lancini non è contrario all’attenzione verso i rischi del digitale, ma ritiene che essa debba tradursi in educazione, non in imposizione di divieti:

«Un divieto che non sai far rispettare toglie credibilità agli adulti».

Ecco quindi la sua proposta: una scuola che insegni ai ragazzi non tanto a usare gli strumenti, quanto a farlo con responsabilità, sviluppando pensiero critico, capacità di distinguere le fonti e consapevolezza della propria privacy. Sono queste le competenze che davvero accompagneranno nel presente e nel futuro i nostri ragazzi.


3. La scomoda provocazione: la responsabilità parte dagli adulti

Nella nostra chiacchierata quello che forse mi ha più colpita e che ha mosso delle corde importanti dentro di me riguarda la sua visione in merito ai comportamenti degli adulti: spesso più “dipendenti” dal digitale dei giovani, diventano i primi modelli di esposizione, pubblicando foto dei figli fin da piccoli. Il professor Lancini spinge a chiederci: perché vietare agli adolescenti l’uso dei social quando già ammettiamo la nostra stessa sovraesposizione?.

È una provocazione che punta a far riflettere sul fatto che il punto non sono i device in sé, ma l’incoerenza e la mancanza di un modello autentico, consapevole, adulto.


4. I cortili virtuali, l’unica palestra che rimane

Il professor Lancini continua con una riflessione quanto mai vera e spiazzante: l’arrivo dei dispositivi ha coinciso con la chiusura degli spazi fisici di socializzazione come i cortili, le piazze, i giardini, quei luoghi in cui i ragazzi si incontravano senza la supervisione adulta. Ora, spesso, l’unico spazio libero rimane quello online: un territorio dove si costruiscono legami, si esplora l’identità, si sperimenta. Lancini parla con preoccupazione chiara:

“Se togli anche quello, lasci i ragazzi senza nessun territorio in cui fare esperienza di sé e degli altri” 

5. Dal controllo alla fiducia: crescere insieme nel digitale

Nel suo approccio non propone di lasciar fare, ma di trasformare la relazione educativa: meno ansia da controllo, più fiducia e accompagnamento.


Il cuore del suo messaggio è chiaro: non serve una società che impone divieti, ma una che costruisca spazi per sperimentare, porre domande, imparare a orientarsi nel mondo digitale, dove adulti e adolescenti possono camminare l’uno accanto all’altro.


6. Fonti e approfondimenti

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